Vitalizio: azione di riduzione di un legittimario

L’atto di vitalizio è un contratto a prestazioni corrispettive dove, a fronte del trasferimento del bene, l’acquirente è tenuto ad assistere il venditore: in relazione alla sua longevità e alle condizione di salute, anche per un valore superiore a quello dell’immobile trasferito. Se però le due prestazioni (cessione e vitalizio) – pur tenendo conto del tipico rischio insito nell’accordo – non sono proporzionate nel valore, il contratto rivela la sua simulazione: perchè potrebbe nascondere una donazione – o anche un negotium mixtum cum donatione – lesiva delle quote di eredi legittimari.

Su questo punto si è espressa a marzo la cassazione (seconda sezione civile, sentenza 7479/13) che ha accolto l’azione di riduzione promossa da un legittimario, fratello dell’acquirente. Vale a dire l’azione giudiziaria con la quale entro dieci anni dall’apertura della successione, si può chiedere di ottenere la propria “quota di legittima”. al centro del contendere c’è un’abitazione, unico cespite dell’eredità. Il padre, all’età di 85 anni, l’ha ceduta a uno dei due figli, in cambio di un vitalizio alimentare. Ma secondo l’altro erede proprio l’età avanzata del genitore implicava un’aspettativa di vita molto limitata, e riduceva il valore della prestazione di mantenimento. Quel vitalizio alimentare non era cioè proporzionato al valore dell’immobile. In più il padre disponeva di una pensione e di altre piccole entrate personali che potevano coprire ampiamente lo scopo dichiarato nel contratto. Senza contare che al peggiorare delle condizioni di salute, l’eventuale degenza sarebbe passata a carico del sistema sanitario nazionale., riducendo ancora il costo per il beneficiario dell’immobile. Al di là dei rilievi specifici, la Cassazione ha indicato il percorso che il giudice deve seguire per valutare se c’è simulazione o meno. Il contratto di vitalizio è infatti aleatorio. Ma questa aleatorietà deve essere

accertata al momento della conclusione dell’accordo, che è <<caratterizzato dalla incertezza obiettiva iniziale in ordine alla durata della vita del vitaliziato e dalla correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute dal vitaliziante in relazione alle esigenze esistenziali del vitaliziato ed il valore del cespite patrimoniale ceduto in corrispettivo del vitalizio.>>

I giudici in merito chiamati ad esprimersi sulla vicenda non avevano valutato l’immobile <<con riferimento all’epoca di conclusione del contratto, ritenendo in particolare superfluo l’espletamento di una Ctu (consulenza tecnica, ndr) al riguardo.>> Come si poteva dunque giudicare la sproporzione tra le rispettive prestazioni delle parti? Attraverso <<una effettiva comparazione>>: quella che dovrà esser eseguita da un nuovo esame.

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