OGGETTO: Istanza di Interpello – Determinazione del valore complessivo delle immobilizzazioni ai fini del calcolo del reddito imponibile minimo delle societa’ non operative (societa’ di comodo)
Con istanza di interpello concernente la determinazione del valore complessivo delle immobilizzazioni ai fini del calcolo del reddito imponibile minimo delle societa’ non operative (societa’ di comodo), la X di Z ha proposto il seguente
Quesito: La societa’ X di Z, esercente attivita’ di gestione e affitto di immobili, e’ proprietaria di un appartamento concesso in usufrutto ad un altro soggetto. La societa’ istante chiede di conoscere se il valore dell’appartamento del quale possiede la nuda proprieta’ sia rilevante ai fini del calcolo del valore complessivo delle immobilizzazioni, da indicare nel prospetto della dichiarazione dei redditi, ai fini del calcolo del reddito minimo delle societa’ non operative (societa’ di comodo).
Soluzione prospettata La societa’ istante sostiene che il valore dell’immobile concesso in usufrutto non sia rilevante ai fini della verifica della operativita’ e della determinazione del reddito imponibile minimo dei soggetti considerati non operativi, pertanto non intende indicarlo nell’apposito prospetto della dichiarazione dei redditi ai fini di detta verifica.
Parere La disciplina delle societa’ commerciali che si presumono non operative (societa’ di comodo) e’ contenuta nei commi da 1 a 7 dell’articolo 30 della legge del 23/12/1994 n. 724. Tale disciplina e’ stata modificata dal comma 37 dell’articolo 3 della legge del 23/12/1996, n. 662 il quale ha introdotto correttivi che incidono sull’ambito soggettivo di applicazione della stessa (estendendola alle societa’ in nome collettivo e alle societa’ in accomandita semplice); sui criteri di individuazione delle societa’ di comodo (basati sulla comparazione fra l’ammontare dei ricavi, degli incrementi delle rimanenze e dei proventi e un parametro di riferimento risultante dall’applicazione di determinate percentuali alle immobilizzazioni finanziarie, a quelle costituite da beni immobili e ad altre immobilizzazioni) ed, infine, sulle modalita’ di determinazione del reddito imponibile minimo.
Il comma 3 dell’articolo 30 della legge del 23/12/1994 n. 724 con riferimento all’ammontare di detto reddito imponibile minimo stabilisce la presunzione che quest’ultimo non sia inferiore “all’ammontare della somma degli importi derivanti dall’applicazione, ai valori dei beni posseduti nell’esercizio, delle seguenti percentuali: a) (omissis….); b) il 3 per cento sul valore delle immobilizzazioni costituite da beni immobili e da beni indicati nell’articolo 8-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, anche in locazione finanziaria, c) (omissis….)”.
Al riguardo, con la circolare del 26 febbraio 1997, n. 48, e’ stato chiarito che i beni ai quali applicare detti coefficienti sono quelli che risultano come immobilizzazioni materiali nell’attivo dello stato patrimoniale (ove vi sia un obbligo di redazione del bilancio) mentre per i soggetti non tenuti ai fini fiscali alla redazione dello stesso, il valore dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi, esclusi quelli straordinari, va desunto dalle scritture contabili prescritte dall’articolo 18 del D.P.R. del 29/9/1973 n. 600.
La citata circolare, al paragrafo 2.1, relativo alla “Individuazione dei beni e delle immobilizzazioni rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina in esame”, al punto 1), con riferimento alle azioni proprie, prevede che “non essendo idonee a produrre proventi, non rilevano ai fini in esame”; nello stesso paragrafo, in merito ai crediti prevede che “rientrano nella base di computo i crediti da finanziamento, in quanto suscettibili di generare componenti positivi di reddito. Pertanto devono escludersi da detta base i crediti aventi natura commerciale”.
In merito alle immobilizzazioni materiali e immateriali viene precisato che “vanno, comunque, escluse quelle in corso, in quanto le medesime si trovano in una fase non idonea a produrre alcun tipo di provento”.
Con riguardo al quesito posto si rileva che, a norma dell’articolo 26 del D.P.R. del 22/12/1986 n. 917 (TUIR) “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprieta’, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…)”; di conseguenza il reddito dei fabbricati concorre a formare il reddito complessivo del titolare del diritto di usufrutto e non della societa’ nuda proprietaria.
Si ritiene, pertanto, corretta l’esclusione dell’immobile concesso in usufrutto dalle immobilizzazioni per le quali si rendono applicabili le percentuali di redditivita’ presunta, in quanto trattasi di un immobile non idoneo a produrre reddito per la societa’ stessa.
Si evidenzia, inoltre, che al paragrafo 5.2 della citata circolare, relativo alla prova contraria, viene precisato che questa puo’ essere fornita per vincere la presunzione di non operativita’ e che la stessa deve essere sostenuta da riferimenti a oggettive situazioni di carattere straordinario che hanno reso impossibile il conseguimento di ricavi, di proventi e di incrementi di rimanenze di ammontare almeno pari a quello presunto.
Pertanto, dovendo il reddito fondiario essere dichiarato dal titolare del diritto di usufrutto, la societa’ istante potrebbe agevolmente fornire la prova contraria. Si ritiene, di conseguenza, che nel caso in esame l’immobile posseduto in nuda proprieta’ non deve concorrere ne’ alla verifica della operativita’, ne’ alla determinazione del reddito minimo imponibile.
La risposta di cui alla presente nota, sollecitata con istanza d’interpello presentata alla Direzione Regionale …………, e’ resa dalla scrivente ai sensi dell’articolo 4, comma 1, ultimo periodo del D.M. 26 aprile 2001, n. 209.