Art. 540 – Codice Civile
A favore del coniuge è riservata la metà del patrimonio dell’altro coniuge, salve le disposizioni dell’Art. 542 per il caso di concorso con i figli.
Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare , e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni.
Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli.
Art. 458 – Codice Civile – Divieto di patti successori
Fatto salvo quanto disposto dagli articoli 768-bis e seguenti è nulla ogni convenzione con cui taluno dispone della propria successione.
E’ del pari nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi
L’USUFRUTTO DEL DE CUIUS NON PASSA ALLA VEDOVA
La risposta è negativa. Preliminarmente, si arguisce dal testo del quesito che il defunto aveva avuto figli sia dal primo matrimonio (più di uno) che dal secondo (solo il lettore). A questo punto, la proprietà dell’appartamento in questione, alla morte della prima moglie (per descrizione, unica proprietaria), è stata devoluta ai soli figli, restando al coniuge unicamente il diritto di usufrutto sulla quota di 1/3: così, infatti, disponeva il Codice civile prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia (20 settembre 1975).Tale diritto di usufrutto è ovviamente venuto a cessare con la morte dell’usufruttuario, in base ai generali principi, e non si trasferisce in alcun modo agli eredi del defunto (che sono la vedova – per un terzo – e i figli – che si spartiscono, in parti uguali tra loro, la quota di due terzi). Né può ritenersi applicabile l’articolo 540, comma 2, Codice civile – che prevede il diritto di abitazione a favore del coniuge superstite – in quanto esso presuppone che la casa adibita a residenza familiare fosse «di proprietà del defunto o in comune».
Da ” L’Esperto risponde – 18.12.2006 – Giovanni CONSALVI – ROMA”
L’usufrutto consiste nel diritto di godere di una cosa altrui con l’obbligo di rispettarne la destinazione economica (articolo 981 del codice civile). L’articolo 979 del codice civile stabilisce che la durata dell’usufrutto non può eccedere la vita dell’usufruttuario. Pertanto, la morte del titolare del diritto reale di godimento determina l’estinzione dell’usufrutto e la riespansione del diritto di proprietà a favore del nudo proprietario dell’immobile. Quest’ultimo acquisisce la piena proprietà del bene e assume la pienezza dei poteri e delle facoltà a lui spettanti per legge (cosiddetta consolidazione, articolo 1014, n. 2, codice civile). Di conseguenza, i badanti, che alloggiavano nell’appartamento per prestare assistenza allo zio, al decesso del proprio datore di lavoro e in difetto di altro titolo valido, dovranno rilasciare l’appartamento. Né tale situazione verrebbe modificata dall’eventuale matrimonio della badante con lo zio. Infatti, non sarebbe applicabile l’articolo 540 del codice civile, che prevede il diritto di abitazione del coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare (e l’uso dell’arredamento) se di proprietà del defunto o comune, mancando appunto il titolo di proprietà in capo allo zio-coniuge, semplicemente usufruttuario. È evidente come questa situazione, lineare sotto un profilo giuridico, potrebbe presentare dei problemi in termini concreti di fatto, poiché se i badanti non rilasceranno spontaneamente l’appartamento, i proprietari dovranno comunque acquisire un provvedimento giudiziario che, accertata l’occupazione senza titolo dello stesso, condanni gli occupanti al rilascio, per poi iniziare la procedura di sfratto forzoso. Quanto all’obbligo di regolarizzare la presenza dei badanti, l’articolo 7 del Dlgs 286/1998 dispone che chiunque dia alloggio ovvero ospiti uno straniero o apolide, ovvero ceda allo stesso la proprietà o il godimento di beni immobili, rustici o urbani, posti nel territorio dello Stato, è tenuto a darne comunicazione scritta, entro quarantotto ore, all’autorità locale di pubblica sicurezza. La comunicazione comprende, oltre alle generalità del denunciante, quelle dello straniero o apolide, gli estremi del passaporto o del documento di identificazione che lo riguardano, l’esatta ubicazione dell’immobile ceduto o in cui la persona è alloggiata, ospita o presta servizio e il titolo per il quale la comunicazione è dovuta.
Da “L’Esperto risponde – 14.12.2009- M. D. – VIMERCATE”