Revocatoria ordinaria della donazione del diritto di usufrutto al coniuge

La Corte di Cassazione conferma la pronuncia di secondo grado che aveva giudicato assoggettabile a revocatoria ordinaria l’atto di donazione dell’usufrutto di un immobile da parte del coniuge separato a favore dell’altro coniuge già titolare del diritto di assegnazione della medesima.

Infatti,  “una volta che in sede di separazione personale sia stato attribuito ad uno dei coniugi, tenendo conto dell’interesse dei figli, il diritto personale di godimento sulla casa familiare, la successiva costituzione per donazione, in favore del medesimo coniuge affidatario, del diritto di usufrutto vita natural durante sul medesimo immobile, compiuta dall’altro coniuge, costituisce un atto avente funzione dispositiva e contenuto patrimoniale, soggetto all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 Codice Civile. Infatti, la costituzione dell’usufrutto non ha il connotato della doverosità proprio dell’adempimento (c.d. atto dovuto o atto giuridico in senso stretto) che giustificherebbe l’esclusione della revocatoria, ai sensi del terzo comma dell’articolo citato, ma si fonda sulla libera determinazione del coniuge debitore, il quale, attraverso la concessione di siffatto diritto reale, per la durata della vita del beneficiario, su un bene di sua proprietà in precedenza gravato da un diritto personale di godimento in favore del medesimo cessionario, dà luogo alla modifica del suo patrimonio, con rischio di riduzione della garanzia generale spettante ai creditori”.

“Lo stesso dicasi in ordine al negozio con cui il padre donò ai figli e la nuda proprietà del medesimo immobile, che i ricorrenti vorrebbero vedere sottratto all’ambito oggettivo di operatività dell’azione revocatoria in ragione della (asserita) pregressa esposizione debitoria nei confronti dei medesimi donatari per il mancato versamento del contributo di mantenimento. Non giova ai ricorrenti la prospettata qualificazione di tale atto come datio in solutum o come donazione remuneratoria. Sotto il primo profilo, è da porre in rilievo la precisazione contenuta nella Relazione del Ministro guardasigilli al codice civile (n. 1182), nel senso che il recepimento legislativo del principio della non assoggettabilità a revoca dell”‘adempimento in senso tecnico”, non esclude “la possibilità di impugnare con la azione revocatoria … la datio in solutum .. se sussistono tutte le condizioni richieste dalla legge”.

“E le ragioni di siffatta limitazione dell’ambito di operatività del disposto di cui al terzo comma dell’art. 2901 Codice Civile sono, del resto, di intuitiva evidenza. L’adempimento del debito scaduto, infatti, quando sia normale e cioè sia realizzato secondo i termini temporali e di prestazione d’oggetto prestabiliti, si presenta quale atto dovuto, cosicché lo stesso carattere obbligato assumono anche gli atti dispositivi del patrimonio del debitore legati da un rapporto di stretta ed indispensabile inerenza strumentale con quello di soddisfacimento del debito. Quando invece l’estinzione del debito avviene attraverso una datio in solutum, è innegabile l’intervento  di una scelta volitiva, da parte del debitore in accordo con il creditore, intervento sufficiente ad escludere ogni carattere di “atto dovuto” dal meccanismo negoziale prescelto. Sotto l’altro profilo è da ricordare che anche la donazione remuneratoria rientra tra gli atti di disposizione del patrimonio  del debitore soggetti a revoca ai sensi dell’art.2901 Codice Civile”.

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