Divieto del patto commissorio

L’art. 2.744 c.c. – Libro 6° “Della tutela dei diritti”  – Titolo 3° – Della responsabilità patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia patrimoniale (artt. 2740 – 2906). 

È nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore . Il patto è nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.

E’ il pericolo più grande per chi acquista concedendo al venditore la possibilità di riacquistare (si pensi agli artt. 1500 e ss. del c.c. che disciplinano la c.d. vendita con patto di riscatto e agli artt. 1523 e ss. del c.c. che disciplinano la vendita con riserva di proprietà). Il rischio è quello che il contratto di compravendita venga interpretato come un contratto di finanziamento.   

Infatti, l’art. 2744 c.c., intitolato “Divieto del patto commissorio”, vieta le pattuizioni in cui, in caso di inadempimento del credito garantito, si conviene che la cosa data in pegno o in ipoteca passi in proprietà del creditore. Ciò a fronte di una prassi contrattualistica spesso tesa all’elusione del divieto attraverso combinazioni negoziali non pensabili dal legislatore del 1942. Infatti tal volta si ricercano soluzioni per aggirare l’ostacolo dell’art. 2744 c.c., ciò al fine di “difendere”, con metodi ai confini tra lecito e illecito, la posizione del creditore (e in particolare degli istituti bancari) al fine di imporre al debitore clausole  contrattuali ai limiti della liceità.

Queste clausole rischiano di trasformare il contratto in una vendita in garanzia, ove il trasferimento della proprietà delbene (‘immobile) dato in garanzia è sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore.  La giurisprudenza considera contrari al divieto del patto commissorio anche le vendite risolutivamente condizionate all’adempimento del debitore.

Il divieto solitamente si manifesta in presenza di una garanzia reale tipica come il pegno o l’ ipoteca o ad un contratto di anticresi. Il divieto colpisce anche il patto commissorio autonomamente stipulato.

La nullità del patto commissorio non travolge il contratto cui quest’ultimo accede se non quando si evidenzi, in via interpretativa, che le parti, senza quel patto, non lo avrebbero stipulato.

Tale divieto non rileva con il cd. patto marciano, attraverso cui si consente al creditore di soddisfarsi, nel caso di inadempimento del debitore, sulla cosa stessa, ma attraverso le modalità della vendita forzata o mediante l’assegnazione a prezzo di stima: in questa ipotesi  il creditore farà proprio il bene ma dovrà versare al debitore l’eventuale differenza tra valore del credito e valore stimato.

Tale principio viene ribadito, con riferimento al contratto di anticresi nell’art. 1963, dove si vieta il patto che sancisce, in caso di inadempimento del debito, il passaggio della proprietà dell’immobile del debitore o del terzo al creditore, nell’ipotesi in cui l’ immobile sia stato consegnato perché il creditore ne percepisca i frutti e li imputi agli interessi e al capitale. 

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